EINSTENZE
La scienza non è nient'altro che una perversione se non ha come suo fine ultimo il miglioramento delle condizioni dell'umanità
UNA SOLUZIONE AL RISCALDAMENTO GLOBALE? ANDARE A CACCIA DI CO2
ll riscaldamento globale potrebbe essere ad un punto di non ritorno e la Terra sembrerebbe destinata a cambiare nome per diventare il Pianeta ‘Serra'. Stando a quanto afferma l’accordo di Parigi, siglato il 22 aprile 2016 da oltre 190 Paesi, si stima che il global warming possa raggiungere 1,5 gradi tra il 2030 e il 2052 in assenza di modifiche drastiche alle attività umane, responsabili della produzione di gas serra.
Gli interventi da mettere in atto, perciò, devono essere tempestivi senza attendere il rischio concreto di disastri nel prossimo futuro. Un primo percorso indicato costituisce una via green per non superare la soglia prevista: si basa sul risparmio energetico e sulla riforestazione per incrementare la capacità di assorbimento dell’anidride carbonica, che è stata ritenuta la maggiore causa del cambiamento climatico. Se lasciamo che la CO2 liberata si accumuli in atmosfera, questa impedirà alla radiazione solare, che colpisce la Terra, di disperdersi nello spazio e provocherà un pericoloso aumento della temperatura del pianeta.
Non esiste una semplice formula magica per impedire questo: dobbiamo lavorare su più fronti. Prima di tutto, promuovere la ricerca,lo sviluppo e la diffusione delle fonti rinnovabili e, nella transizione verso un futuro basato su queste tecnologie energetiche pulite, sfruttare in modo più efficiente le fonti energetiche fossili, privilegiando quelle che producono meno CO2 a parità di energia sviluppata (primo fra tutti il gas naturale).
In parallelo, urge allungare la vita utile dei prodotti anche attraverso una loro progettazione che consenta un facile recupero, riciclaggio e riuso dei materiali.Tutti gli scenari prevedono che nei prossimi decenni le fonti fossili saranno ancora dominanti nel panorama energetico mondiale. Per questo, occorre realizzare tecnologie che permettano di catturare i gas serra, prima fra tutti questa fatidica CO2. Sono note con la sigla CCS (Carbon Capture and Storage) e consistono nel sequestrare l’anidride carbonica,con processi ben conosciuti, direttamente alle fonti principali,come gli scarichi degli impianti industriali e di produzione di energia (raffinerie, cementifici, impianti siderurgici...). Essa viene quindi portata in siti di raccolta e infine destinata allo stoccaggio geologico in campi petroliferi ormai esauriti oppure in bacini profondi di acqua salata. Ma intrappolarla per poi nasconderla sotto terra equivale un po’ a gestire i rifiuti semplicemente buttandoli in discarica.
Sono necessari,quindi, forti investimenti, elevati costi operativi e, infine, il monitoraggio continuo e permanente dei siti di stoccaggio sotterraneo. Sappiamo infatti che è meglio differenziare e riciclare i rifiuti, reimmettendoli nel ciclo produttivo, eliminando il problema delle discariche e producendo nuovi oggetti con un consumo minore di materie prime. Allo stesso modo l’anidride carbonica può essere utilizzata e trasformata in qualcosa di utile. Una applicazione molto diffusa si chiama Enhanced Oil Recovery e consiste nell’ iniettare questa sostanza nei giacimenti di petrolio per spingere fuori più velocemente il greggio che ancora vi si trova. Essa può essere sfruttata per impieghi tecnologici nell'industria alimentare (produzione di bibite gassate) oppure come reagente nell’industria chimica per la produzione di urea, di carbonati inorganici e metanolo. Tuttavia, occorre ricordare che la molecola di CO2 è molto stabile. Questo significa che per trasformarla in qualsiasi altro composto bisogna spendere almeno la stessa energia che poi libererebbe se la bruciassimo. Un altro rimedio sarebbe rappresentato dal cosiddetto “Carbonio Blu”. Con questo termine si indica l'anidride carbonica atmosferica immagazzinata dagli ecosistemi costieri, in particolare mangrovie, aree paludose salmastre e praterie sottomarine. Queste zone umide trattengono la concentrazione più alta di carbonio per unità di spazio di tutto il Pianeta, ma sono minacciate da innalzamento del livello dei mari, sovrappopolazione e utilizzo di terre a scopo agricolo. Ogni anno se ne distruggono dai 340 mila ai 980 mila ettari e, da contenitori di carbonio, questi vegetali diventano emettitori. Eppure costituirebbero l'alternativa più economica di NET, a circa 20 dollari (17,5 euro) per ogni tonnellata di CO2 rimossa.
E’ arrivato,quindi, il momento di abbandonare l’inerzia e di agire, in quanto le conseguenze dell’aumento di temperatura sono ormai evidenti nel nostro presente.Basti pensare alla diminuzione del ghiaccio marino nell’Artico e all’aumento di eventi meteo estremi, quali le trombe d’aria, la cui formazione avviene quando nell’atmosfera si innescano moti convettivi. I cambiamenti climatici non gestiti, inoltre, distruggeranno il rapporto tra l’uomo e il pianeta e trasformerebbero dove abbiamo potuto vivere e come potremmo vivere la nostra vita. Non sono quindi solo un problema. Sono, in aggiunta, una minaccia per la salute, poiché in un mondo più caldo le malattie infettive si espanderanno più rapidamente e ne risentirebbe anche la produzione di cibo, dato che l’eccessiva siccità renderebbe i suoli fertili inadatti al pascolo o alla coltivazione. La scienza del clima ha fatto quanto poteva, rilevando i sintomi, individuando la patologia e formulando la prognosi. Ora tutto è nelle mani del paziente: voler guarire, volersi sottoporre alla cura, mettersi a dieta… e forse scoprire che si può pure stare meglio di prima! Ma la malattia del riscaldamento globale è complessa, la cura lunga e articolata, le ricette molteplici: per questo ora sono la comunicazione, l’etica e la politica i campi dove si gioca il futuro dell’Umanità.
Di Carol De Rosa e Gabriel Mazziotta
Gli interventi da mettere in atto, perciò, devono essere tempestivi senza attendere il rischio concreto di disastri nel prossimo futuro. Un primo percorso indicato costituisce una via green per non superare la soglia prevista: si basa sul risparmio energetico e sulla riforestazione per incrementare la capacità di assorbimento dell’anidride carbonica, che è stata ritenuta la maggiore causa del cambiamento climatico. Se lasciamo che la CO2 liberata si accumuli in atmosfera, questa impedirà alla radiazione solare, che colpisce la Terra, di disperdersi nello spazio e provocherà un pericoloso aumento della temperatura del pianeta.
Non esiste una semplice formula magica per impedire questo: dobbiamo lavorare su più fronti. Prima di tutto, promuovere la ricerca,lo sviluppo e la diffusione delle fonti rinnovabili e, nella transizione verso un futuro basato su queste tecnologie energetiche pulite, sfruttare in modo più efficiente le fonti energetiche fossili, privilegiando quelle che producono meno CO2 a parità di energia sviluppata (primo fra tutti il gas naturale).
In parallelo, urge allungare la vita utile dei prodotti anche attraverso una loro progettazione che consenta un facile recupero, riciclaggio e riuso dei materiali.Tutti gli scenari prevedono che nei prossimi decenni le fonti fossili saranno ancora dominanti nel panorama energetico mondiale. Per questo, occorre realizzare tecnologie che permettano di catturare i gas serra, prima fra tutti questa fatidica CO2. Sono note con la sigla CCS (Carbon Capture and Storage) e consistono nel sequestrare l’anidride carbonica,con processi ben conosciuti, direttamente alle fonti principali,come gli scarichi degli impianti industriali e di produzione di energia (raffinerie, cementifici, impianti siderurgici...). Essa viene quindi portata in siti di raccolta e infine destinata allo stoccaggio geologico in campi petroliferi ormai esauriti oppure in bacini profondi di acqua salata. Ma intrappolarla per poi nasconderla sotto terra equivale un po’ a gestire i rifiuti semplicemente buttandoli in discarica.
Sono necessari,quindi, forti investimenti, elevati costi operativi e, infine, il monitoraggio continuo e permanente dei siti di stoccaggio sotterraneo. Sappiamo infatti che è meglio differenziare e riciclare i rifiuti, reimmettendoli nel ciclo produttivo, eliminando il problema delle discariche e producendo nuovi oggetti con un consumo minore di materie prime. Allo stesso modo l’anidride carbonica può essere utilizzata e trasformata in qualcosa di utile. Una applicazione molto diffusa si chiama Enhanced Oil Recovery e consiste nell’ iniettare questa sostanza nei giacimenti di petrolio per spingere fuori più velocemente il greggio che ancora vi si trova. Essa può essere sfruttata per impieghi tecnologici nell'industria alimentare (produzione di bibite gassate) oppure come reagente nell’industria chimica per la produzione di urea, di carbonati inorganici e metanolo. Tuttavia, occorre ricordare che la molecola di CO2 è molto stabile. Questo significa che per trasformarla in qualsiasi altro composto bisogna spendere almeno la stessa energia che poi libererebbe se la bruciassimo. Un altro rimedio sarebbe rappresentato dal cosiddetto “Carbonio Blu”. Con questo termine si indica l'anidride carbonica atmosferica immagazzinata dagli ecosistemi costieri, in particolare mangrovie, aree paludose salmastre e praterie sottomarine. Queste zone umide trattengono la concentrazione più alta di carbonio per unità di spazio di tutto il Pianeta, ma sono minacciate da innalzamento del livello dei mari, sovrappopolazione e utilizzo di terre a scopo agricolo. Ogni anno se ne distruggono dai 340 mila ai 980 mila ettari e, da contenitori di carbonio, questi vegetali diventano emettitori. Eppure costituirebbero l'alternativa più economica di NET, a circa 20 dollari (17,5 euro) per ogni tonnellata di CO2 rimossa.
E’ arrivato,quindi, il momento di abbandonare l’inerzia e di agire, in quanto le conseguenze dell’aumento di temperatura sono ormai evidenti nel nostro presente.Basti pensare alla diminuzione del ghiaccio marino nell’Artico e all’aumento di eventi meteo estremi, quali le trombe d’aria, la cui formazione avviene quando nell’atmosfera si innescano moti convettivi. I cambiamenti climatici non gestiti, inoltre, distruggeranno il rapporto tra l’uomo e il pianeta e trasformerebbero dove abbiamo potuto vivere e come potremmo vivere la nostra vita. Non sono quindi solo un problema. Sono, in aggiunta, una minaccia per la salute, poiché in un mondo più caldo le malattie infettive si espanderanno più rapidamente e ne risentirebbe anche la produzione di cibo, dato che l’eccessiva siccità renderebbe i suoli fertili inadatti al pascolo o alla coltivazione. La scienza del clima ha fatto quanto poteva, rilevando i sintomi, individuando la patologia e formulando la prognosi. Ora tutto è nelle mani del paziente: voler guarire, volersi sottoporre alla cura, mettersi a dieta… e forse scoprire che si può pure stare meglio di prima! Ma la malattia del riscaldamento globale è complessa, la cura lunga e articolata, le ricette molteplici: per questo ora sono la comunicazione, l’etica e la politica i campi dove si gioca il futuro dell’Umanità.
Di Carol De Rosa e Gabriel Mazziotta